Poetessa, autrice di prose narrative, critiche, giornalistiche, ma anche di testi radiofonici e teatrali oltre che di libretti d’opera, Ingeborg Bachmann (Klagenfurt, 1926 – Roma, 1973) è stata protagonista della scena letteraria di lingua tedesca del secondo dopoguerra, nonché di un’esistenza tormentata e affascinante, segnata da tragici eventi storici nella giovinezza (l’occupazione nazista e il conflitto mondiale), dalla fine di due importanti relazioni amorose (con Paul Celan e Max Frisch) e dall’abuso di alcol e farmaci, da cui non trovò scampo nemmeno rifugiandosi in Italia, il «paese primogenito » dove si era stabilita, pur con qualche intervallo, a partire dai primi anni Cinquanta.
Avvalendosi di una grande ricchezza di materiale documentario, anche inedito, Hans Höller, illustre germanista e studioso bachmanniano, ripercorre tre decenni di riflessione filosofico-letteraria facendo emergere l’inscindibile parallelismo tra vita e opera in Ingeborg Bachmann: la guerra, la violenza e la morte trasfigurate nel problematico rapporto tra i sessi; la posizione dell’intellettuale donna in un mondo culturale ancora improntato al maschilismo; la scrittura come necessità esistenziale, strumento di indagine della realtà.