lunedì 24 gennaio 2011

Terre alte

"Poesia, entusiasmo e adrenalina": è questa la montagna raccontata da Carlo Grande. È lo scenario della Sainte-Victoire che rapisce Cézanne, o la luce dolce sulle vigne descritta da Pavese. È un possibile antidoto al rituale moderno della velocità, "un silenzio di voci che bisbigliano" e che svelano una natura archetipica e indicibile. Ma sono anche i luoghi di una fatica quotidiana e paziente che si perde nel tempo, forre oscure e minacciose come le Forche Caudine o la gola di Roncisvalle, vette himalayane che attirano l'uomo nella "zona della morte". Sono le montagne da sempre teatro di lotte e invasioni: da Annibale che varcò le Alpi allo sterminio dei catari, fino alla Resistenza ai nazifascismi e alla pacifica opposizione alle mostruose gallerie della TAV. In un sottile gioco tra parola e allusione, scrittura e immaginazione, Grande ci prende per mano e, in compagnia di Herzog, Buzzati, Thoreau, Mann, Rigoni Stern, ci invita a riscoprire il gusto dell'andare a piedi e del "salire", accettandone i rischi e le avventure: "Per non cancellare il proprio paesaggio interiore e perdere così la gioia di vivere".

Carlo Grande, Terre alte, Ponte alle grazie

domenica 23 gennaio 2011

Undici decimi

“Una singolare geologia dell’anima… Le vene delle antiche rocce – studiate, cercate, amate e spezzate a colpi di martello dal protagonista di questo romanzo, in un impulso di conoscenza che è anche involontaria distruzione di ciò che si analizza – diventano le vene in cui pulsano i desideri e le emozioni del cuore, i graffiti e le cicatrici incise nel profondo dalla crudeltà della vita, i minacciosi strati della terra pronti a franare in sismi devastanti… (C.Magris su Undici Decimi di Alessio Torino,Minimum fax)

lunedì 17 gennaio 2011

I custodi del talismano

Di epoca in epoca gli eletti si tramandano, da maestro a discepolo, un segreto. Il talismano è un’arma invicibile che potrà essere usata soltanto quando nessun uomo potrà più salvare
il mondo dal male.
V.Binaghi, I custodi del talismano, Sottovoce

venerdì 14 gennaio 2011

Ti voglio credere

L’ispettore Maria Dolores Vergani è agli arresti domiciliari a Milano, indagata per omicidio volontario dopo aver accoltellato una donna nei boschi della Valle d’Aosta. Si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Rinchiusa in casa, assediata da immacolati mazzi di fiori, è alla ricerca di una verità i cui confini sono incerti. In Questura a Milano arriva la notizia del suicidio di una giovane dal ponte di viale Forlanini. Il poliziotto Achille Maria Funi decide di informare subito la Vergani, sentendosi irrimediabilmente legato a lei e alla sua perizia professionale. Mentre il caso appare sin dall’inizio un vero e proprio rompicapo, nel quartiere di San Siro vengono ritrovate tre croci maestose piantate nel terreno, un enigmatico Golgota scoperto nel giardino della villetta di una famiglia perbene. A breve compaiono croci analoghe in altre città, una Via Crucis sinistra di cui una delle stazioni nasconde un cadavere. Ancora una giovane donna, martoriata nel corpo e nell’anima, vittima di un’idea irraggiungibile di perfezione, inflitta con un digiuno che aspira all’ascesi. Mentre Funi tenta di imbrigliare le sue intuizioni, Maria Dolores si avvita in una spirale di pensieri nella quale si confondono ricordi falsati e percezioni incerte, la Giustizia e la Verità. Non sempre facce della stessa medaglia. Prigioniera della più difficile delle indagini – la sua colpevolezza o la sua innocenza – la Vergani dovrà ripensare anche al proprio senso di giustizia.

E. Bucciarelli, Ti voglio credere, Colorado Noir/Kowalski

lunedì 10 gennaio 2011

Meritocrazia

Il termine "meritocrazia" fu usato la prima volta da Michael Young nel suo libro "Rise of the Meritocracy" (1958). Il termine era destinato a un uso dispregiativo, e il suo libro era lo scenario di un futuro distopico in cui la posizione sociale di un individuo è determinata dal suo quoziente intellettivo e dallo sforzo. Nel libro, questo sistema sociale fondamentalmente conduce a una rivoluzione sociale in cui le masse rovesciano l'élite, che era divenuta arrogante e scollegata dai sentimenti del pubblico. Malgrado l'origine negativa della parola, ci sono molti che credono che un sistema meritocratico è un buon sistema sociale. I sostenitori della meritocrazia argomentano che un sistema meritocratico è più giusto e più produttivo degli altri sistemi, e che garantisce la fine di discriminazioni fondati su criteri arbitrali di sorta, come sesso, razza o rapporti sociali. D'altro canto i detrattori della meritocrazia argomentano, al contrario, che l'aspetto distopico centrale dell'idea di Young — l'esistenza di una classe meritocratica che monopolizzi l'accesso al merito e i simboli e il metodo esaminatore del merito, e di conseguenza perpetui il proprio potere, status sociale e privilegi. Nel redigere la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, Thomas Jefferson dipese pesantemente dal Capitolo Quinto di "Due trattati sul governo" di John Locke, che concepisce una società in cui il fondamento di tutte le proprietà è esclusivamente il lavoro esercitato dagli uomini. Locke sosteneva che l'acquisizione di proprietà non era moralmente sbagliata, se avveniva attraverso lo sforzo di un lavoro e se era al fine di soddisfare i bisogni immediati dell'individuo. Così, dice Locke, la società è necessariamente stratificata, ma per il merito non per la nascita. Questa dottrina di operosità e merito invece di ozio ed eredità come fattore determinante in una società giusta si poneva contro la monarchia e aristocrazia, e i loro lacchè, in favore di un sistema repubblicano e rappresentativo. Spesso, gli oppositori del concetto di meritocrazia sostengono che caratteristiche come intelligenza e sforzo non sono misurabili con accuratezza. Perciò, dal loro punto di vista, qualsiasi attuazione di meritocrazia necessariamente comporta un alto grado di supposizione ed è, di conseguenza, imperfetto.

venerdì 7 gennaio 2011

I borborigmi di un'anima

Un altro Manganelli inaspettato. Dopo il Manganelli intimo, dolcissimo, disperato e disperante delle lettere familiari, ecco il Manganelli amico affettuosissimo, a volte goliardico, ma sempre onesto e sincero, proprio lui che aveva fatto della menzogna il cardine della sua vita. Nelle lettere all’amico carissimo e mentore, Luciano Anceschi, Manganelli si presenta con i suoi marasmi, le sue angosce, ma anche con la sua capacità dissacratoria che tutti ben conosciamo, al punto di riuscire a dissacrare se stesso. Non teme il giudizio del “Magister”, ma anzi forse lo ricerca, forse solo sotto la sua ala protettiva Manganelli riesce a trovare, a volte, un minimo di pace.

G. Manganelli, I borborigmi di un'anima, Nino Aragno ed.

mercoledì 5 gennaio 2011

Minuta di silenzio

Forse questa poesia può parzialmente ma significativamente riassumere la paetica di un autore che ha una mano felice e un suono disteso che scorre sui ciottoli levigati di in torrente e sa creare increspature inattese e visivamente memorabili: “… Scrivere sulla sabbia / è gesto romantico, meglio le glosse: / tatuate dal sole con certezza” (da Minuta di silenzio, poesia che chiude splendidamente il libro). (Luca Ariano)

Lorenzo Mari, Minuta di silenzio, L'arcolaio

domenica 2 gennaio 2011

Anno nuovo

Il Capodanno risale alla festa del dio romano Giano. Nel VII secolo i pagani dell Fiandre, seguaci dei druidi, avevano il costume di festeggiare il passaggio al nuovo anno; tale culto pagano venne deplorato da Sant'Eligio (morto nel 659 o nel 660), che redarguì il popolo delle Fiandre dicendo loro: "A Capodanno nessuno faccia empie ridicolaggini quali l'andare mascherati da giovenche o da cervi, o fare scherzi e giochi, e non stia a tavola tutta la notte né segua l'usanza di doni augurali o di libagioni eccessive. Nessun cristiano creda in quelle donne che fanno i sortilegi con il fuoco, né sieda in un canto, perché è opera diabolica".

Nel Medioevo, molti paesi europei usavano il calendario giuliano, ma vi era un'ampia varietà di date che indicavano il momento iniziale dell'anno. Per esempio dal XII secolo fino al 1752 in Inghilterra e in Irlanda il capodanno si celebrava il 25 marzo (giorno dell'Incarnazione e usato a lungo anche a Pisa ed in seguito a Firenze) mentre in Spagna fino all'inizio del 1600 il cambio dell'anno era il 25 dicembre, giorno della Natività. In Francia fino al 1564 il Capodanno veniva festeggiato nella domenica di Resurrezione (chiamato anche stile della Pasqua), a Venezia (fino alla sua caduta, avvenuta nel 1797) era il 1º marzo mentre in Puglia, in Calabria e in Sardegna lo si festeggiava seguendo lo stile bizantino che lo indicava al 1º settembre, tant'è vero che in sardo settembre si traduce Caputanni (dal latino Caput anni).

Queste diversità locali (che, specialmente nel Sacro Romano Impero variavano spesso da città a città), continuarono anche dopo l'adozione del calendario gregoriano. Solo nel 1691 papa Innocenzo XII emendò il calendario del suo predecessore stabilendo che l'anno dovesse cominciare il 1º gennaio, cioè secondo lo stile moderno o della Circoncisione. L'adozione universale del calendario gregoriano fece sì che anche la data del 1º gennaio come inizio dell'anno divenne infine comune.