martedì 27 aprile 2010

La bicicletta nella resistenza

di Dario Olivero

Averne di pretoni come Luisito Bianchi, che Dio lo conservi. Ha attraversato il secolo portandosi dietro tutte le contraddizioni possibili senza mai far finta di niente. Prete con una laurea in sociologia sui contadini delle parti sue in Val Padana. Prete e operaio turnista alla Montedison di Spinetta Marengo, Alessandria.

Prete e benzinaio, perché non ce la faceva a prendere soldi dalla diocesi, perché se si è preti si è preti e basta, ma per esserlo bisogna inventarsi un sacco di mestieri. Prete e infermiere, prete e scrittore, quando ha sbalordito tutti con La messa dell'uomo disarmato, un immenso romanzo sulla Resistenza.

Immerso nella società, nella fabbrica e immerso nei cambiamenti della Chiesa postconciliare e post-postconciliare. Tormentato e sospeso tra quello che chiedeva Dio e quello che poteva dare agli uomini. Ora un piccolo brandello della sua vita tra il 1968 e il 1970 viene pubblicato sottoforma di diari. Si intitola I miei amici (Sironi, 24 euro). Sono poco più di novecento pagine cariche di pietas, stanchezza, risate, lotte sindacali, operai felici per la nascita di una figlia, poesie che urlano domande a Dio e preghiere alla Chiesa perché si chini verso gli oppressi e "tolga il velo dalla sua faccia splendente". Capireparto, olio, ossido di titanio. Uomini soprattutto, come Giannantonio, "un nostalgico fascista. Poveraccio. Uno di quelli che non hanno ricevuto nulla e servono da sgabello per qualche ambizioso. Intanto pensa di uscire dall'anonimato mettendosi camicia bianca e cravatta come indumenti di lavoro". E fede continuamente messa alla prova nei lunghi turni di lavoro dove il reparto diventa una gheenna, i compagni, gente di Samaria e in mezzo ai fumi e alla fatica un prete, un uomo fa l'unica cosa che è chiamato a fare: cerca l'uomo.

RESISTERE L'ALTRO IERI
E' un'idea così geniale che nessuno, pura dandola per scontata, l'aveva messa in fila in modo ordinato. Autori: Franco Giannantoni e Ibio Paolucci; titolo: La bicicletta nella Resistenza (Edizioni Arterigere, 12 euro). Che significa proprio questo: il ruolo sovversivo che la bicicletta ha avuto dopo la guerra e prima della Liberazione. Gli autori prima raccontano dei vari tentativi della repressione di mettere al bando questo pericoloso strumento a cominciare da Bava Beccaris, lo seguono attraverso l'inizio del Novecento con la nascita dei Ciclisti rossi nella Imola anarco-socialaista di Andrea Costa e all'associazionismo politico-sportivo fino ad arrivare ai seicento giorni della Resistenza quando diventava di volta in volta mezzo per colpire e fuggire, trasportare ordigni, documenti (come quelli nella canna della bici di Gino Bartali), stampa clandestina, rapporti e ordini tra le brigate partigiane, coordinare scioperi o agitazioni. Quindi raccolgono le testimonianze dei protagonisti tra i quali Gillo Pontecorvo, Bruno Trentin, Renato Morandi. E tra le altre cose salta fuori che alcuni dei protagonisti sarebbero stati grandi corridori, maestri e gregari di futuri campioni. Ma pochi. Quasi tutti, pur sapendo che avrebbero potuto diventarlo, continuarono a considerare la bici non un fine, ma un mezzo su cui sudare e faticare per diffondere libertà.

RESISTERE OGGI
Si dice che l'antipolitica in realtà si è ridimensionata perché c'è stata una forte affluenza alle ultime elezioni. Basta intendersi. Se la politica è l'esercizio del voto quale che sia il contesto, allora non serve a nulla parlare di Società cinica di Carlo Carboni (Laterza, 12 euro). Che invece ha ben chiaro che il concetto di antipolitica è più complesso e investe ogni aspetto della vita civile di un Paese. A cominciare dalla vocazione italiana a considerare lo spazio pubblico come un semplice strumento in funzione del proprio avanzamento privato. Detto con la sintesi necessaria, questo individualismo amorale si è stratificato in decenni e cementato grazie a uno Stato più bizantino che europeo, protezionismi corporativi più fascisti che democratici, assenza pressoché totale del concetto di merito come mezzo di evoluzione della società e delle istituzioni, invadenza endemica di apparati criminali ormai entrati nel corpo vivo del Paese. Di fronte a tutto questo, anzi in mezzo a tutto questo, la classe politica si è arroccata costituendo un'altra forza centrifuga nella già frullata democrazia italiana togliendo agli elettori la possibilità di scegliere i candidati e occupando sistematicamente per precettazione ogni ente pubblico fino all'ultimo funzionario. Seguendo cioè lo stesso meccanismo in atto nella società in cui si rispecchia. Questa è antipolitica.
Franco Giannantoni e Ibio Paolucci, La bicicletta nella Resistenza, Edizioni Arterigere.


Repubblica 24/04/2008